“Rallegratevi del continuo nel Signore” (Filippesi 4:4)

Quest’allegrezza non deve tradursi in un entusiasmo passeggero, in una giornata primaverile di sole e di pioggia che poi termina in una lunga notte di gelo. Non si tratta neppure di una giocondità infantile, o di un sentimento di mutevole speranza che dimentica con facilità il passato, senza preoccuparsi del futuro. Si tratta, invece, di una quieta, profonda e stabile gioia nel Signore. Essa, per molti versi, non cambia la vita eliminandone le difficoltà e i pesi, ma circonda di luce le nuvole più oscure, e anche nelle tenebre consente di scorgere sempre le stelle. Non trasforma una terra arida nel giardino del Signore, e neppure ci fa attraversare il deserto con un rapido volo. Si tratta piuttosto di una presenza celestiale – come quella che si rivelò ad Agar – che c’invita a non temere, perché Dio ha udito la nostra voce: ci apre gli occhi e ci mostra un “pozzo d’acqua”. La gioia del Signore è quella fonte nascosta, fresca e zampillante in ogni momento dell’anno, che eleva il proprio dolce inno di lode. L’olio della gioia è a disposizione di chiunque. Non è distillato da rare piante esotiche che crescono soltanto nelle serre e la cui coltivazione richiede molto denaro. La pianta che lo produce cresce spontaneamente alle porte del giardino del Re, e chiunque la coltiva otterrà questo balsamo e questo prezioso olio di allegrezza. Il nome della pianta è fiducia. Non può mancare una simile certezza, il grado superlativo di una speranza che, nelle tenebre del presente, canta le gioie di un domani luminoso: essa non pensa, né si preoccupa, crede soltanto che il Padre amorevole dirige tutte le cose facendole cooperare in vista di ciò che è buono e benedetto, e vive e riposa su questa sicurezza. In una fabbrica tessile, il veloce movimento dei telai, con nastri e spolette da cui si dipartono migliaia di fili, stupisce e confonde il visitatore, mentre l’operaia continua a cantare, perché sa che a ogni giro della spoletta quel complesso groviglio di fili dà vita a un disegno prestabilito. Il suo compito è di rimanere a guardare l’opera e unire i fili rotti. Il suo nome è fiducia.